di Francesco Apicella
“Era il 1982, l’anno del campionato mondiale di calcio e, poiché si stava concludendo un importante accordo di produzione cinematografica italo-ungherese, io e Alberto Sordi” racconta Carlo Verdone “eravamo stati invitati, insieme al direttore del Ministero del Turismo e dello Spettacolo e altri componenti del ministero, in Ungheria, a Budapest, per presenziare all’evento; cercavano un attore veterano, italiano, famoso, con alle spalle una luminosa e prolifica carriera, e un giovane attore italiano, emergente. Alberto Sordi, lo straordinario attore, che tutti conosciamo, era il veterano e io, fresco del grande successo del film “Un sacco bello”, ero il giovane attore emergente. Quando arrivammo a Budapest, ci avevano riservato l’Hotel Gellert, sulle rive del Danubio, un antico hotel di gran classe, in stile Art Noveau, in cui hanno girato molti film, rinomato per le sue piscine sotterranee, i suggestivi Bagni Gellert. Appena lo vede, Alberto mi fa: “Ammazza, che è st’albergo. Uno spettacolo!” “Sì, è davvero molto bello” concordai, entusiasta. “Dai, Carlo, dai, cerchiamo di non stare troppo con questi ministeriali pallosi e cerchiamo di ritagliarci uno spazio tutto per noi”. “Ma certo, volentieri!”. Quando ci vediamo giù per il pranzo, Alberto mi fa:” A Cà, ma le stanze de st’albergo so’ proprio ‘na merda!” “Ma no, Albè che dici? Io non ho mai visto una stanza bella come la mia, così spaziosa e luminosa, c’ho 5 finestre che affacciano sul Danubio, da cui c’è una vista meravigliosa, si vede tutta Budapest”. Meravigliato, lui mi fa:” Ma “davero”?!? Io c’ho una stanza con una sola finestra che, per giunta, dà su un cortile interno” “Ma quanto è grande sta stanza?” gli chiedo, incredulo “E’ piccola, c’è un letto di una piazza e mezza e pochi mobili. Na chiavica di stanza!” “Albè” gli faccio “a me mi viene il dubbio che questi dell’hotel se so’ sbagliati, forse dovevo andare io nella tua stanza e tu nella mia, dai facciamo ‘na cosa, famo uno scambio di stanza. Cambiamo!” “Ma no, no, lasciamo le cose così come stanno…” “”Dai, Albè, non posso stare in quella stanza meravigliosa e tu in quel buco…cambiamo!” “Ma no, no, nun te preoccupà, semmai cambio io albergo, nun gliela voglio dà vinta a sti 4 burini. No, no, non cambiamo!” Quella sera, per i mondiali di calcio, giocava l’Italia e bisognava assolutamente vedere la partita della nostra gloriosa nazionale di calcio che, proprio quell’anno vinse il campionato mondiale battendo, in finale, la Germania Ovest per 3 a 1 e ottenendo così il suo terzo titolo mondiale. Accesi il televisore, scelsi il canale giusto e aspettai che la partita cominciasse. Dopo un po’ sento bussare alla porta. “Chi è ?” “Cà, so’ Alberto, posso venì a vedere la partita da te perché il televisore della mia stanza non funziona per niente?” “Certo, vieni, vieni, sarà un piacere guardare la partita con te ma dopo, però, cambiamo stanza…” “Ma no, no, nun te preoccupà!”. Così vedemmo la partita insieme. La mattina seguente Alberto, con l’accappatoio in mano, bussa alla porta e mi fa :” Mi posso venire a fare la doccia da te?” “Ma perché , Albè, cosa c’è che non va?” “La mia doccia fa soltanto 3 schizzi perché “l’ampolla” è rotta. Na tragedia!” “Certo, entra! Usa pure la mia doccia”. Ero a disagio, quasi mi vergognavo di avere avuto quella stanza stupenda, dotata di tutti i confort, mentre lui era ridotto ad alloggiare in quella tana angusta ma rimasi colpito dalla sua salda determinazione a non voler lasciare quella stanza tanto disagiata. La sera mi fa:” Senti, Cà, stasera “sfanculiamo” i ministeriali e ce ne andiamo in un ristorante che sta a 20 km da Budapest, mi hanno detto che è una meraviglia e la cucina è fantastica… da leccarsi le dita! Prendiamo un tassì e andiamo!” “Sicuro che non vuoi cambiare stanza?” “None! Come te lo devo dì?” La sera prendiamo un tassì, diamo al “tassinaro” un foglietto con l’indicazione della località di destinazione e partiamo. Il tassinaro parte a razzo e comincia ad andare, a 120 all’ora, su una strada stretta, di una corsia e mezza. C’era veramente da aver paura con quel pazzo spericolato alla guida. A un certo punto Sordi, spaventato, gli fa:”Slow, slow! Piano, piano!” Questo si gira , borbotta qualcosa in ungherese e riprende a correre come prima. “Aò!” protesta Sordi “devi annà piano, come te lo devo dì? Io voglio morì a Roma!”Il tassinaro, impassibile, incurante delle proteste di Alberto, continua a correre. Nun gliene fregava niente che noi avessimo paura. Stanco di non essere ascoltato, Alberto perde la pazienza, si infuria come un toro nell’arena e dà 2 cazzotti sulla testa del tassinaro. “Te devi fermà! Stop,stop!!”. Il tassinaro, inferocito, sterza bruscamente, ferma la macchina, ci fa scendere dalla vettura e incomincia a litigare, in ungherese, con Alberto, spingendolo e strattonandolo. “Ti ho detto e ripetuto d’annà piano ma tu niente, sei de coccio, hai fatto finta de nun sentì e hai continuato a correre. Ma che volevi fa, ce volevi fa morì?” continuava a protestare Sordi. E’ stata un’esperienza tremenda, non avevo mai visto Sordi così alterato. Ho cercato di metterli d’accordo, di spiegare al tassinaro che eravamo due ospiti stranieri e che non bisognava correre in quel modo in quella strada stretta, con le macchine che sfrecciavano veloci. Un paese di pazzi alla guida! Improvvisamente il tassinaro, ancora più arrabbiato, sale in macchina, fa un’ improvvisa inversione di marcia e se ne va, abbandonandoci lì, sull’asfalto, a metà strada tra Budapest e il ristorante. Ed era notte! Eravamo disperati, non sapevamo né come tornare indietro, né come andare avanti. Facemmo come Clark Gable e Claudette Colbert nel film “Accadde una notte”e ci mettemmo a chiedere l’autostop, col braccio teso, il pugno chiuso e il pollice alzato, speranzosi. Ma poichè né io né lui avevamo le gambe della Colbert che, nel film, ferma una macchina di passaggio, tirandosi su la gonna per sistemarsi una calza, per molto tempo nessuna macchina si fermò. Vedevo Sordi sempre più preoccupato e mi faceva una gran pena; lui che era abituato ad andare in giro nelle macchine blu, con gli autisti a sua disposizione, era ridotto, come un disgraziato, a fare l’autostop in un paese straniero, dove si parlava una lingua per noi completamente incomprensibile. Per fortuna nostra, alla fine, quando ormai stavamo per perdere ogni speranza di salvezza, si fermò un vecchietto con una macchina tutta “scassata” ma funzionante. Ci portò piano, piano al ristorante e Sordi, con gratitudine, generoso come sempre, gli diede una bella mancia. Commosso, il vecchietto gli baciò le mani. Il ristorante che avevano consigliato a Sordi era davvero all’altezza della pubblicità che gli avevano fatto, mangiammo da Dio e chiudemmo, in bellezza, una serata cominciata sotto i peggiori auspici.” Grande Sordi, grande Verdone, artisti unici e preziosi, orgoglio del nostro cinema, con una vita costellata di successi e di aneddoti divertenti e colorati, da condividere, con piacere, con i nostri lettori.